Parnaso Italiano
Repertorio della poesia italiana tra Cinquecento e Seicento
Repertorio della poesia italiana tra Cinquecento e Seicento
Ciro di Pers [1599 - 1663]
Poesie [1677]
Poesie [1677]
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Alla signora Giulia de’ Signori Di Strasoldo, per un suo bellissimo giardino di fiori.
Alla signora Giulia de’ Signori Di Strasoldo, per un suo bellissimo giardino di fiori.
Api, o voi che di Pindo errar solete
per l’alto poggio ameno, cogliendo il mèl da non caduchi fiori, or qui, dove a Strasoldo avvien che ’nfiori d’un bel giardino il seno, più dolce mèl da’ più bei fior cogliete, et io, con arti liete, m’appresto ad animar la cetra in tanto, e coi vostri sussurri accordo il canto. E voi, cui pregio dàn, ninfa gentile, tre giardini fioriti, un ne l’alma, un nel volto et un nel suolo, s’io prendo ad irrigar l’ultimo solo, con l’onde che dai liti d’Ascra derivi, non l’abbiate a vile, più non osa il mio stile; anco il pianto offrirei, ma ’l salso umore inaridisce e non ravviva il fiore. Tacciansi ormai dei successor di Belo gli orti in aria sospesi su le vaste colonne e sui grand’archi, del biondo autunno i preziosi incarchi; dal dragon mal difesi più non vanti d’Esperia il ricco stelo; spieghin, partendo il gelo, con minor fasto il lor fiorito aspetto Pesto, Tempe, Pancaia, Ibla et Imetto. Taccia le glorie pur meonia Clio dei campi ove Alcinoo primavera ad autunno avea sposata; qual verdeggiò più ricca et odorata selva nel lido eoo corrano ad inaffiare onde d’oblio; o pur di Lete il rio bagni del perso re gli orti sovrani, ozioso sudor di regie mani. Ceda il giardin dove agl’incauti amanti porgeva Alcina infida tra fioriti perigli amari affanni, e ceda quel dove con lieti inganni de la vezzosa Armida primavera bugiarda aprian gl’incanti; suonin men chiari i vanti di quel dove solea su ’l pafio lido vezzeggiar con Adon la dea di Gnido. Cedan pur quanti mai con steril arte ammantâr d’ombre chiare culta selvatichezza, orror giocondo; cedan pur quanti mai colle fecondo piantâr con mani avare; ove prodighi doni il ciel comparte, di maggior gloria a parte, chiama questo giardin l’alta ventura d’esser di ninfa tal delizia e cura. Questo non già del sol, che spesso asconde suoi raggi, il caldo attende, che da lontan scarso favor gli presti, ma da due luci angeliche e celesti beati influssi ei prende, che presente virtude in lui diffonde; né toglie esempio altronde che da un bel volto candido e vermiglio quando inostra la rosa, imbianca il giglio. Ad ischernir con odorato riso la canuta stagione qui spunta in grembo a la pruina il fiore, per la neve oltraggiar, più bel candore con gentil paragone spiega, e specchi di gelo ha qui Narciso; e con accorto avviso, poich’aura ebbe per lui Zeffiro infida, or qui Giacinto ad Aquilon si fida. Qui la rosa, qual volta in ciel rinova Cinzia l’argenteo corno, d’iterar primavera ha per costume, e se ’l bel piè de l’acidalio nume, d’ostro sanguigno adorno, insegnolle a vestir porpora nova, con più leggiadra prova qui da una bella mano, emula ai gigli, il primiero candor vien che ripigli. Qui tutte april le sue ricchezze accoglie, poiché l’enola indora l’erbe, il giglio inargenta, il croco inostra; qui di gemme odorate altera mostra fa la dipinta Flora, spiegando al sol le ricamate spoglie; qui pallidette foglie apre la violetta, e ’l suolo smalta con la peonia e ’l tulipan la calta. Qui l’amaranto a rinovar sen viene il privilegio antico de l’immortalità fra glorie tante; qui lascia Clizia il luminoso amante, e con ardor pudico fiso in due più bei soli il guardo tiene; qui con labbra serene l’Iride ride, e con palpebre oscure piange di Iobbe il fior le sue sciagure. Qui gratissimo odor superbo spira il gelsomin del Tago, e imbianca un verde ciel di lattee stelle; qui, foglie aprendo variate e belle, il garofano vago dei fior tra ’l volgo a’ primi onori aspira; qui leggiadro si mira, perché di ricca porpora è vestito, insuperbir l’anemone crinito. Avventurato fior, di bella dea dolce amor, pianto amaro già fusti, or cura sei di dea più bella; qui sorge, e non sai ben s’è fior o stella, l’amello, e qui di raro odor l’aure d’intorno il nardo bea; da la spiaggia eritrea qui venne il peregrin giunco odorato ad arricchir di nuove pompe il prato. Qui, fatto giardinier co l’aureo strale, la temeraria plebe de l’erbe vili Amor avvien che schianti; ei de la madre i matutini pianti porge a l’asciutte glebe, e desta l’aura al ventilar de l’ale; anzi l’aura vitale, che gli amanti dal cor trânno in sospiri, ei fa che qui soavemente spiri. A voi sereno il ciel, germi ben nati, giri mai sempre, a voi non faccia oltraggio mai turbo o tempesta, a voi Sirio perdoni. A voi molesta, co’ soffi algenti suoi, l’ira non sia degli aquilon gelati; co’ strisci avvenenati non s’arrischino mai l’immonde serpi fra ’l verde entrar de’ vostri ameni sterpi. Canzon, s’a la mia fronte serto gentil di questi fiori intesso, i lauri ad altro crin nutra Permesso. 5: un > d’un. 18: innarridisce > inaridisce. 27: Imetro > Imetto. 31: adorata > odorata. 35: osti > orti. 36: rege > regie. 43: suoni > suonin; vanti > i vanti. 46: per > pur; ma > mai. 74: Cinzio > Cinzia. 102: latee > lattee. 103: apprende > aprendo. 112: far > sai. 123: destra > desta. 112: far > sai. 125: i > in. 132: fia > sia. 138: permesso > Permesso. | 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 60 65 70 75 80 85 90 95 100 105 110 115 120 125 130 135 |
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