Parnaso Italiano
Repertorio della poesia italiana tra Cinquecento e Seicento
Repertorio della poesia italiana tra Cinquecento e Seicento
Battista Guarini [1538 - 1612]
Rime [1663]
Madrigali
Rime [1663]
Madrigali
CLIV
Dialogo di Giunone e Minerva.
Dialogo di Giunone e Minerva.
Apparse nella sontuosissima cena fatta nella città di Firenze, quando si diè l’anello alla principessa Maria Medici, reina di Francia
GIUNONE Che fai tu, dea guerriera, fra liete nozze? O qual ti guida errore? Non si fa guerra qui, se non d’amore. MINERVA Son del ciel messaggiera, e porto amore e pace. Ecco la insegna. Né la sposa di Marte aver potea pronuba di Minerva oggi più degna. GIUNONE Quel tuo Marte del volgo, di cui tu bellicosa orrida dea ministra e suora sei, a la tua cura e deità non tolgo, ma di questo re Marte a te non lice trattar gli alti imenei. Di questi è mio l’onor, che son reina. MINERVA Reina e formatrice son de’ regi e de’ regni; e se quello è sì grande, a cui s’inchina la Gallia vinta, e per lui più felice vinta che vincitrice, chi l’esaltò? Né tu che lassù regni, né quella cieca, a cui virtù non piace: io, che so la sua mente, e scorta fui, e che sola gli ho dato esser ne l’armi invitto e giusto in pace, né men di senno che di ferro armato; talché fa dubbio altrui qual di tanti suoi pregi abbia la palma: o lo scettro, o la spada, o ’l petto, o l’alma. GIUNONE E ’n questa sì leggiadra e sì vezzosa, che parte hai tu, rigida dea sdegnosa? MINERVA E pur di questa ho cura, com’ebbi in lei di far l’anima bella. GIUNONE Di bellezze supreme dotolla il ciel, (che non può far natura cotanto), e nascer fella di madre augusta e del famoso seme, che per insegna ha riveriti mondi gravidi d’armi e di valor fecondi. MINERVA Ed io d’alto intelletto l’ho fatta, e quasi tempio di divina virtute; io con l’essempio de la gran Lotaringa e con l’affetto del zio più che paterno holla formata saggia, pudica e santa, qual altra etade unqua non vide, e tale che per me degna è stata di marito reale. Né poria dir il ciel, se pur si vanta d’aver in lei tutto ’l suo bello accolto, qual sia più bello in lei l’animo o ’l volto. GIUNONE Opre belle, ma fatte: a le presenti tu nulla adopri, e ’l fatigarti è vano; qui che giova il tuo senno e la tua mano? MINERVA Da le celesti menti vengo mente celeste, mandata dal mio padre, acciò che queste liete nozze e festose per me sien gloriose. Nodo sia tu de le corporee salme, ed io con la virtù stringerò l’alme. GIUNONE Vera figlia di Giove, cui fu madre la fronte e padre il senno, ubbidir a quel cenno convien che tutto regge e tutto move; lite non sia tra noi. Facciano i detti miei, facciano i tuoi amoroso concento, e i chiari pregi cantiam de’ nostri regi, con lieti carmi e co’ presagi veri de le grandezze lor, gli alti misteri. MINERVA, GIUNONE Fra quanto il mar profondo ne l’ampio seno accoglie e quanto serra l’orto e l’occaso e l’uno e l’altro polo, un solo ARRIGO ha il mondo, una sola MARIA, sì come è solo un sol in cielo, una fenice in terra. Per toccar l’alto segno di gloria, a l’un la prole a l’altra il regno mancava. O glorioso nodo, seminator di scettri altero, da te sorga un famoso domator d’oriente che l’impero perduto acquisti e spieghi il regno augusto, cui sia la terra e ’l mar termine angusto. |
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