Parnaso Italiano
Repertorio della poesia italiana tra Cinquecento e Seicento
Repertorio della poesia italiana tra Cinquecento e Seicento
Ridolfo Campeggi [1565 - 1624]
Da “Idilli” di AA. VV. [1613]
La neve
Da “Idilli” di AA. VV. [1613]
La neve
«Già riscaldava appena
i bianchi velli al freddo Capro il sole, allor ch’altri rimira, con l’ore al dì sottratte (al dì che torna infante), avanzarsi la notte, quando nel mezo a punto di questo aere immenso, là dove il sol ripone de’ suoi bei raggi d’or gli umidi furti, era apprestato a suffocare il mondo d’acque un altro diluvio. Ed ecco a’ nostri danni impetuoso Borea, dal perverso aquilone, imperversò fremendo con soffio tal, che là fra l’ombre triste è più soave il furiar d’Averno. Ei con gelidi fiati le fredde nubi aperse, onde poi ruvinâro quantitadi indefesse di stille condensate, che per l’aria parean bianche faville, a sovraporre a questo un mondo intero di mostruosa neve. Torreggiava con l’Alpi d’inusitata altezza il colle umìle, gareggiava co ’l cielo, con vasta immensità, cresciuto il monte; ed ogni cupa valle, da la bianca fuligine ripiena, era adeguata al piano; talché quella distanza, che fu volo a l’augel, varco era al piede. Al fine il freddo umore era cresciuto in temerario segno, poiché togliea orgoglioso ne le più chiare ville, a’ più noti tugurii, l’entrata al sol, non ch’al pastor l’uscita. Qui si vedeano stesi il pino e l’elce (che disprezzâr sovente le minaccie del cielo quando più irato spira fiati di viva fiamma), carchi del nuovo peso, erger sovra lor stessi un Olimpo di neve. Là si scorgea la siepe (ultimo fin del sospirato campo), rotta dal grave incarco, far con le sue ruvine a non amico piè strada furtiva. Quinci su l’alto abete mal fortunato augello, mentre volle ritrarsi a l’usata quiete, trovò, misero, appunto (traffitto dal rigore de l’asprissimo gelo) cangiando il nido in tomba, nel riposo la morte. Quindi udiasi l’ovile risuonar fievolmente di languidi belati, ché non potean le pecorelle inferme con secchi sterpi solo scacciar l’avida fame, né concedea la neve (che, quasi un ampio mar, copriva il tutto) cibo più dolce a le lor voglie ingorde; e così molte e molte di disaggio morian, più che di Morte. E l’altre erano spesso dal mal sicuro albergo (che di peso grave, e pur troppo carco, al fin cadea) in un sepolte e uccise. Eran dal nembo algente i miseri pastori ne l’umili capanne assediati no, vivi rinchiusi. Questi miseri, questi, co ’l timor del lor fine, co ’l tremor de la neve, facean per doppio gel l’anima algente. Ma, privi di soccorso, attendevano poi quell’ore estreme de la viva lor morte, che dal solo spirare era pur vita; e le vedean sì presso, ch’ogni fiato o sospiro, che il travagliato sen spargesse a l’aura, si credevano lieti dei ristori del cor l’ultimo spirto. Ma poi restando in vita (forse per maggior pena), miravano intorno intorno (quasi ad onta e dispetto del lor grave tormento), senza uccidergli mai, scherzar la Morte. Guerreggiavano insieme di pria tôrre la vita al semivivo con ferina tenzon la fame e ’l freddo. Togliea questo a le membra il solito vigore, onde pur non potea nel suol di ghiaccio, per sovenir talora necessità vitale, formare un debil passo attratto il piede; e quella, impaziente, sollecitava il piè, ma più il desio, che ritrovasse i sospirati cibi; e facea dire al core ne’ tremoli singulti: Senza presto ristoro, eccomi a Morte. Ma pur con solo pane dava talor la mano indebolita a le cadenti forze lagrimabil sostegno. Così già non potean l’afflitte membra trovar soccorso a suscitar le fiamme, ché dentro a le voragini profonde de la caduta neve sepolta era la selva, che già somministrò larga e cortese ad ogni foco umìl le frondi e i rami. Ed allor (duro cambio) altro non potea dar che neve e gelo». Queste note scolpio ne la corteccia d’antico faggio Elpino, e vi soggiunse: «Se immensa era la neve e fiero il gielo di quell’anno infelice, altri lo stimi. E pur se tanta neve nel seno or mi cadesse, non potria contemprar quel foco ond’io m’ardo e consumo in vano». 68. sechi > secchi. 98. mirano > miravano. 113. ritornasse i disiati > ritrovasse i sospirati; si segue la lez. del 1608. 136. nel > quel. 137. e in vano > in vano; si segue la lez. del 1608. | 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 60 65 70 75 80 85 90 95 100 105 110 115 120 125 130 135 |
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